Storytelling

Gli anziani sono dei libri umani da cui ricavare storie delle loro esperienze di vita da cui ricavare insegnamenti ma anche dei bei aneddoti divertenti.

Ai bambini e ragazzi piace ascoltare racconti di una realtà che sembra tanto lontana dalla nostra, visto l'assenza di tecnologia durante la gioventù dei nostri nonni. Per noi giovani è assurdo pensare di scambiarsi delle lettere e non avere ognuno un telefono e alle persone piace tanto parlare di come si viveva meglio duranti i loro anni.

Lo scopo della nostra attività chiamata "Storytelling" è proprio quello di ricordare i capitoli della propria vita raccontandoli a gruppi di ragazzi nelle scuole, oratori e nell'area comune del cohousing ogni mercoledì e sabato.

Le storie da non dimenticare

Qui sotto raccogliamo dei riassunti delle storie che vengono raccontate ogni settimana dalle persone che vogliono condividerle.

La mia prima bicicletta, Ernesto

Mi chiamo Ernesto, ho 82 anni, e quando posso mi piace sedermi al sole a ricordare. Una delle cose che mi è rimasta più impressa nella vita è la mia prima bicicletta.

Era il 1952, avevo undici anni e vivevamo in un piccolo paese di montagna. Non stavamo certo bene: mio padre era muratore, mia madre sarta, e i soldi erano pochi. Ogni volta che vedevo i figli del dottore o del farmacista sfrecciare con le loro bici nuove, non nascondevo la mia invidia.

Un giorno tornai da scuola e trovai mio padre in cortile con una bicicletta vecchia e arrugginita. "Non è nuova," mi disse, "ma con un po’ di lavoro dovrebbe funzionare." Ci mettemmo a sistemarla insieme: io a rimuovere la ruggine, lui a sistemare la catena, e mia madre che cuciva un sellino.

Quando finalmente riuscii a salirci sopra, non stavo più nella pelle. Non era solo una bicicletta, ma il risultato dei sacrifici della mia famiglia.

Da quel momento in poi, ho guidato auto, preso treni e aerei, ma quella bici mi ha sempre dato un senso di libertà che nessun altro mezzo è riuscito a restituirmi.

Io e Lina, Maria

Mi chiamo Maria, ho 84 anni. La mia amica del cuore si chiama Lina, e ci conosciamo da quando avevamo sette anni. Abitava nel palazzo di fronte, e da bambine bastava un fischio dalla finestra per trovarci giù in cortile a giocare.

Ne abbiamo combinate tante insieme: abbiamo copiato i compiti l’una dall’altra, fatto le prime vacanze in treno con le valigie troppo grandi, e riso fino alle lacrime per sciocchezze che nessuno capiva tranne noi.

Ora siamo entrambe nonne, con i capelli bianchi e un po’ di acciacchi, ma l’amicizia è rimasta identica.

Ci sentiamo tutti i giorni, anche solo per commentare la puntata della sera prima o per lamentarci del mal di schiena.

Quando la vedo arrivare con la sua borsa piena di biscotti e chiacchiere, mi sembra di tornare ragazzina.

Il primo ballon con lei, Vittorio

Mi chiamo Vittorio, ho 88 anni. L’ho conosciuta a una festa di paese, estate del 1956. Si chiamava Clara. Portava un vestito azzurro e aveva un sorriso che non si dimentica.

Non ero un gran ballerino, anzi, avevo una paura tremenda di farmi ridere dietro. Ma quando l’orchestra ha attaccato con un lento, mi sono fatto coraggio e le ho chiesto: “Ti va di ballare?”

Lei ha detto sì. E da quel momento non ci siamo più staccati.

Ci siamo sposati tre anni dopo. Abbiamo avuto due figli, tanti momenti belli, qualcuno difficile. Ma ogni volta che la guardavo, anche dopo decenni, vedevo ancora quella ragazza col vestito azzurro.

Ora non c’è più, ma ogni tanto metto su un disco e chiudo gli occhi. E ballo ancora con lei.

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